mercoledì 4 gennaio 2012

IPPODROMO DEL GARIGLIANO: LA CRISI DEL SETTORE POTREBBE COMPORTARE LA SUA CHIUSURA.I LAVORATORI OCCUPANO L'UNIRE.

LA fine di un sogno, di una moda, ma anche di un comparto economico che sembrava non dover soffrire la crisi proprio perché rappresenta il confine tra realtà e aspirazione.
Invece le cose stanno andando diversamente e anche l’Ippodromo del Garigliano è vicinissimo alla chiusura come decine di altri siti simili in tutto il Paese.
Pochi contributi, scarsa attenzione: i lavoratori andranno a casa e i cavalli,
forse, al macello.
DOPO 14 anni di attività, l’ippodromo del Garigliano di Santi Cosma e Damiano rischia la chiusura, con conseguenti perdite di posti di lavoro.
L'impianto aurunco, infatti, è stato investito, così come le altre strutture ippiche italiane, dalla crisi esplosa in seguito ai tagli disposti dallo Stato. Decisione
che ieri ha fatto registrare un’altra clamorosa iniziativa da parte degli operatori
di Lazio e Campania, che per protesta hanno occupato la sede dell'ASSI (ex UNIRE),
danneggiando i ripetitori TV per la trasmissione delle corse nelle agenzie ippiche e sul canale 220 di Sky.

I lavoratori sono rimasti barricati nel palazzo dell'ente circondato dalle forze dell'ordine ed hanno poi avuto un colloquio col segretario
generale Ruffo. Ogg dovrebbero incontrare il Ministro dell'agricoltura, Catania.
«Purtroppo - ha detto Luca D'Angelo, amministratore delegato dell'ippodromo del Garigliano - con la situazione attuale saremo costretti a non organizzare la prossima stagione di corse. L’ippica italiana, che da sempre vive sulle scommesse, prevede, per il 2012, una riduzione delle entrate di oltre il 40%. Da 4 anni il volume delle scommesse si riduce ogni anno del 15-20%, in controtendenza rispetto agli altri giochi; si è cercato solo di bilanciare tale calo con contributi governativi senza peraltro far nulla per correggere i gravissimi errori del «sistema scommesse Italia», ripetutamente denunciati dalle società di corse e da tanti altri operatori.
Ciò significa che non si è voluto rilanciare e salvare l’ippica italiana. In realtà quei
contributi devono essere considerati un «risarcimento» per i danni causati da AAMS
(Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato) e da ll’ASSI (Agenzia per lo
Sviluppo del Settore Ippico) alle scommesse ippiche; un «riconoscimento» e una «remunerazione» per aver utilizzato le nostre reti per il lancio di gran parte del «gioco pubblico». L’AAMS ha boicottato in tutte le maniere le scommesse ippiche, senza che l’ASSI avesse forza propria e copertura politica per contrastare un tale evidente delitto, rinviando tutte le operazioni di rilancio sulle scommesse; tutto
questo in attesa che il Governo scegliesse la strada del contributo fisso (come è successo per il CONI) per poter operare in regime di titolare unico e conseguentemente dividere solo con i concessionari tutti i sicuri aumenti di produttività derivanti dal restyling, dalla riduzione del prelievo e dall’azione di un piano di comunicazione nazionale. «Le cifre dimostrano la gravità della situazione, che rischia di mettere sul lastrico migliaia e migliaia di famiglie e di mandare
al macello 15mila cavalli, in considerazione anche dell'annuncio dell'Assi del taglio
al montepremi delle corse del 40% e dei fondi agli ippodromi del 50%. E il mancato sostegno dello Stato, che aveva gestito attraverso l'AAMS le scommesse ippiche, ha inferto il colpo mortale. Qui - ha continuato Luca D'Angelo - non si chiede un contributo per un settore in crisi, come impropriamente si vuol far credere,
ma di un oggettivo risarcimento per i danni provocati dalla politica dissennata di AAMS e di un riconoscimento e una remunerazione per aver costruito sulle reti di distribuzione delle scommesse ippiche, buona parte del grande sviluppo del gioco pubblico, che chiuderà il proprio bilancio 2011 con oltre 80 miliardi di euro di movimento (di cui circa 12 per l’erario). E l’ultimo segnale di una precisa strategia
distruttiva del nostro mondo è giunto lunedì scorso, quando il Ministero dell’economia ha avuto il coraggio di autorizzare le scommesse sulle corse virtuali realizzate con i computer quale prodotto sostitutivo dell’attuale competizione
sportiva». E la domanda che gli operatori si pongono è questa: come è possibile che
nella patria dei grandi Ribot, Tornese e Varenne, non si trovino le risorse per salvare migliaia di posti di lavoro, così come avviene per tante aziende in difficoltà? Una domanda alla quale il Governo Monti dovrà dare una risposta, con provvedimenti che salvaguardino il futuro del settore dell’ippica, probabilmente di fronte alla crisi più grave della sua storia.
Gianni Ciufo

DA LATINA OGGI DEL 3.1.12

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