mercoledì 22 febbraio 2012

DRAMMA NEL DRAMMA: UN MINORE TESTIMONE OCULARE DELL'ASSASSINIO.



ERANO le 15.30 circa di ieri

quando, colui che può ritenersi il

testimone chiave del delitto di

Santi Cosma e Damiano, si è

recato spontaneamente presso la

caserma dei carabinieri di Formia

per rendere la sua versione

dei fatti relativi all’omicidio di

Fiore Pandolfo. Si tratta di un

ragazzo 16enne di Santi Cosma e

Damiano che, accompagnato

da ll ’avvocato difensore Enzo

Biasillo e da alcuni stretti familiari,

ha reso dichiarazioni spontanee

al Maggiore della locale

compagnia Pasquale Saccone.

Un interrogatorio durato oltre tre

ore, videoregistrato per essere

inviato al sostituto procuratore

titolare del caso Daria Monsurrò,

che non ha di fatto alterato la

posizione giudiziaria del ragazzo

che resta perciò persona informata

dei fatti. Un testimone

chiave, dunque, perché presente

durante l’intera sequenza che si è

risolta con il tragico epilogo

dell’uccisione di Fiore Pandolfo,

trucidato con numerosi colpi di

arma da fuoco da Mirko Pascale.

Un testimone oculare che ha assistito

all’omicidio perché si trovava

a bordo della Fiat 500 di

Pascale. La testimonianza resa ai

carabinieri dal 16enne, infatti, è

servita anche a ricostruire i momenti

precedenti all’incontro dei

tre che sarebbe avvenuto casualmente.

Erano le 20 e 30 circa di

sabato scorso quando, come sono

soliti fare, il 23enne Pascale e

il suo amico 16enne si sarebbero

incontrati, e una volta saliti a

bordo dell’auto dell’om ici da

avrebbero dapprima raggiunto

un bar del posto per bere una

bibita e poi successivamente si

sarebbero recati presso un parco

chiuso per vedere i carri allegorici

in allestimento per la tradizionale

sfilata di Carnevale. Stavano

per andare via quando la

vittima Fiore Pandolfo, dopo

averli individuati, sarebbe salito

a bordo della sua Audi per seguirli.

Una volta raggiunti, secondo

la testimonianza del 16enne,

la Fiat 500 di Pascale si sarebbe

fermata

perché abbagliata

dai fari dell’auto

di Pandolfo che lo

seguiva nel medesimo

senso di

marcia. Sceso

dall’Audi, Pandolfo,

avrebbe

sferrato un calcio

alla Fiat 500 che

sarebbe perciò ripartita immediatamente.

Il tempo di fare pochi

metri e nuovamente Pandolfo

avrebbe frenato proprio davanti

alla 500 costringendo così Pascale

a fermarsi. A quel punto il

23enne avrebbe preso la pistola

dal cruscotto dell’auto per scaricare

una decina di colpi contro il

31enne autotrasportatore, uccidendolo.

Dopo l’omicidio, infine,

il 16enne si sarebbe fatto

immediatamente riportare a casa

da dove poi, in compagnia dei

suoi genitori, avrebbe accompagnato

l’omicida a costituirsi.

Questa la sequenza dei fatti che

sarebbe stata resa ieri dal testimone

oculare, sulla quale, tuttavia,

gli inquirenti continuano ad

indagare e a cercare conferme.

E’ rimasto però nel silenzio fino

ad oggi il 16enne di Santi Cosma

e Damiano, rischiando di compromettere

la sua posizione giudiziaria,

anche alla luce di un

falso alibi inizialmente fornito

agli inquirenti, ai quali aveva

infatti detto di trovarsi a casa. Ma

gli uomini coordinati dal Maggiore

Saccone erano nel frattempo

già risaliti alla sua identità

grazie alle dichiarazioni rese da

alcuni conoscenti e concittadini

che quella maledetta sera lo avevano

visto in compagnia di Mirko

Pascale. Ma

le dichiarazioni

spontanee del

giovane hanno

reso più semplice

la collaborazione.

«Un testimone

utile – ha

commentato lo

stesso Maggiore

Pasquale Saccone

– che ha fornito

ottimi elementi

per ricos

t r u i r e l a

vicenda. Siamo

risaliti a lui grazie

alle testimonianze

e grazie

alla sua collaborazione

». Sulla

posizione del

16enne è infine

intervenuto il

suo legale Enzo

Biasillo che ha dichiarato: «Il

mio assistito ha collaborato coi

carabinieri, chiarendo nei minimi

dettagli la sua posizione che

rischiava di compromettersi in

queste ultime ore. Ha solo avuto

la disgrazia di essere testimone

di un fatto gravissimo, avendo la

leggerezza di non parlare subito.

Lo ha fatto in ritardo – ha concluso

Biasillo –, rischiando di essere

indagato, ma ha avuto paura.

Tuttavia la deposizione è stata

tempestiva per non compromettere

la sua posizione».

Adriano Pagano






LA PAROLA AL MEDICO LEGALE: DUE PERSONE SI STAVANO FRONTEGGIANDO.



«E’ morto sul colpo». Così il

medico legale Giovanni Arcudi

al termine dell’autopsia sul

corpo del 30enne Fiore Pandolfo

effettuata ieri mattina

presso l’obitorio del cimitero

di Castagneto a Formia.

Un esame autoptico lungo e

accurato cominciato alle nove

circa del mattino e conclusosi

solo intorno alle tre. All’ester -

no del cimitero in attesa di

poter riavere la salma dell’uo -

mo, padre di due figli, i parenti

e moltissimi amici, addolorati

dalla perdita di quello che

tutti i presenti hanno definito

«Un bravo ragazzo, una persona

perbene». Presente

all’esame anche il medico legale

di parte dottor Forcina.

Un’indagine protrattosi anche

a causa dei numerosi colpi

sparati: dodici quelli che hanno

attinto al corpo dell’auto -

trasportatore sancosimese.

«Le difficoltà sono dipese soprattutto

da recupero di tre

proiettili rimasti nel corpo –

ha spiegato Arcudi – mentre

gli altri lo hanno trapassato».

Una morte che è avvenuta

quasi istantaneamente: «In

realtà non c’è un solo colpo

che ha provocato il decesso

anche se, senz’altro, il proiettile

sparato alla testa, che è

entrato nel cervello, è stato

quello inizialmente determinante.

Altri fori però li abbiamo

ritrovati anche in altri organi

vitali, polmone, fegato,

che hanno provocato tra l’al -

tro un’emorragia interna importante

». Sulla sequenza

dell’omicidio, poi, il medico

legale non esprime molti dubbi:

«I colpi sono stati esplosi

in rapida successione grosso

modo dalla stessa posizione

che i due avevano all’inizio

dello scontro, a una distanza

relativamente ravvicinata.

Certamente le traiettorie devono

essere ancora ricostruite

del tutto ma possiamo già dire

che le due persone coinvolte si

stavano fronteggiando». Altro

particolare i proiettili utilizzati

nell’aggressione: «Sono di

un calibro superiore al nove.

Non mi esprimo sul tipo di

pistola anche perché comunque

è stata sequestrata dai

Carabinieri intervenuti sul posto

». Relativamente alla prova

stub, tesa a rilevare polvere da

sparo sul corpo della vittima:

«Per quanto mi riguarda non

abbiamo proceduto in questo

senso anche

perché è l’esa -

me stata effettuato

dai carab

i n i e r i . M i

sembra che in

questo caso

non abbia molta

rilevanza anc

h e p e r c h é

seppure possono

esserci dei

residui sul corpo

della vittima,

questi provengono

dalla

pistola di chi

ha sparato, vista

anche la vicinanza

tra le

due persone».

Si è anche ipotizzato

che il

30enne abbia

provato a difendersi:

«Effettivamente

– precisa Arcudi

– abbiamo rilevato una ferita

alla mano ma non ci pare

sufficiente a dire che la vittima

necessariamente abbia

avuto il tempo di difendersi.

In questo caso specifico i

proiettili potevano attingere a

qualsiasi parte del corpo».

Francesco Furlan
DA LATINA OGGI DEL 22.2.12

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